“Forse l’ultima volta che vedrò lei e i suoi colleghi sarà in videochiamata” è l’inizio del messaggio ricevuto in piena quarantena da Covid-19 alle due di notte da uno studente. Voleva suicidarsi? No, semplicemente era insonne, preso dai ricordi dei sui ultimi cinque anni liceali e voleva contattarmi per ringraziare per tutto quello che noi insegnanti avevamo fatto per lui. Penso spesso al suo messaggio come all’esempio della situazione che la scuola sta vivendo. La mancanza di quotidianità pesa come un macigno sui nostri studenti, ma anche su noi docenti (ero anch’io insonne e preoccupata per la situazione). È estremamente difficile essere efficaci nell’insegnamento come prima, essere certi dell’apprendimento dei nostri alunni, ma ancora più arduo è essere realmente loro vicini in un momento straordinario ed epocale come questo. Il nostro supporto può essere efficace se è già vivo un rapporto consolidato in presenza. In caso contrario diventa davvero improbabile costruire a distanza una solida base di collaborazione fattiva. Mancano quelle opportunità di ricambiare in aula le richieste di aiuto con una parola che, detta al momento giusto, si trasforma in consolazione e in stimolo. Il mio pensiero va quindi inevitabilmente a settembre e alle classi di nuova formazione. Insegno in un liceo artistico, il Frattini di Varese, e mi domando come potremo conoscere ognuno dei 30 studenti delle nuove classi. Viste le dimensioni delle aule, prevedo un tripla turnazione per avere 10 alunni in presenza a lezione. Chi poi insegna una o due ore a settimana, vedrà ogni studente un paio di volte al mese. È vero che gli alunni seguiranno anche online, ma occorre valutare diverse variabili: serviranno strumentazioni di alto livello e una rete scolastica più che performante, possibilità per ogni studente di stare connesso fino a otto ore al giorno (35 ore settimanali per il nostro liceo). Occorreranno soprattutto docenti con superpoteri in grado di spiegare, controllare gli alunni in classe, coinvolgere contemporaneamente quelli in videoconferenza, favorire la socializzazione e verificare anche che in ogni situazione vengano rispettate le norme di igiene, di sicurezza e di distanza fisica. In un contesto del genere, come sarà possibile trovare uno spazio per riuscire a conoscere i nostri studenti, per suggerire loro strategie operative efficaci, per essere davvero artefici del loro apprendimento? Non è forse questa nostra azione che distingue l’apprendimento in classe dalla mera conoscenza che potrebbe offrire uno dei tanti video su YouTube? Sembra si preferisca investire sulla didattica a distanza, pur conoscendone i limiti sia sul piano didattico sia su quello educativo ed umano, piuttosto che considerare soluzioni efficaci per quella in presenza. Come docenti ci siamo poi dovuti reinventare nella nostra modalità di lavoro e dimostrare una flessibilità oraria che ha completamente annullato i tempi di riposo per una messaggistica che ormai è senza controllo e ci porta istintivamente ad essere reperibili in ogni momento.Mi permetto quindi di condividere queste riflessioni con l’Onorevole Ministra Azzolina e con tutti coloro che con Lei collaborano per supportarci in un momento così difficile. Chiedo quindi di considerare, almeno per le classi di nuova formazione, un numero di alunni che si aggiri a 20, 22 al massimo. Aggiungo inoltre che, poiché il numero degli iscritti alle nuove classi sarà inferiore perché a giugno non ci saranno non ammessi da inserire, si tratterebbe di confermare almeno classi e organici dell’anno scolastico in corso. Sarebbe la garanzia di una buona partenza e la certezza di poter destinare energie anche agli studenti che già conosciamo e che sicuramente continuano ad aver bisogno del nostro lavoro, ora più che mai.
Maria Talamona, docente, animatrice digitale e collaboratrice nel Liceo artistico “A. Frattini” di Varese
Concordo in tutto e per tutto con quanto espresso